lunedì 17 settembre 2007

Usi e abusi del concetto di civicità.


Ha creato scalpore nel mondo politico, meglio, "partitico" la proposta di Beppe Grillo di dar vita ad una serie di Liste civiche che portino un simbolo che certifichi l'adesione di queste al suo modo di pensare e di fare "politica". Ma mentre Grillo aveva ricevuto un forte apprezzamento dal suo pubblico nelle iniziative che l'hanno visto protagonista (Vaffaday in testa...), in quest'ultimo caso, invece, gli stessi suoi sostenitori l'hanno criticato fortemente, accusandolo di venire meno ai suoi principi e propositi di "antipolitico".
Premesso che, volenti o nolenti, chi parla di politica, anche se solo criticandola, fa politica, mi pare che Beppe Grillo, a cui vanno tutti i meriti di grande oratore e trascinatore di masse, questa volta abbia tentato un'impresa più grande di lui, senza interrogarsi non solo sugli effetti che la sua proposta ha suscitato, ma anche e soprattutto, sulle reali possibilità di successo della sua iniziativa.
A parlarvi è uno che ha fatto della "civicità" un suo vessillo politico e che, in parte, condivide anche le basi del pensiero del comico genovese, ma ragiona, forse, con mentalità più aperta e soprattutto realistica.
Una cosa che accomuna il sottoscritto a Grillo è quello di vivere in una Regione "rossa", nel mio caso l'Emilia Romagna, in una Provincia "rossa" e in un Comune "rosso"...anch'io, come lui, sono convinto che i partiti politici (siano essi di destra o di sinistra) non siano, per usare un eufemismo, l'unico bene possibile, e anzi spesso perdano di vista le reali necessità del Paese e dei suoi cittadini, ma Grillo dimentica, forse perchè non conosce bene le piccole realtà locali, che i partiti sono necessari ad una amministrazione comunale per accedere ai livelli superiori degli Enti pubblici, perchè solo un politico che rappresenti un partito può ricevere l'attenzione che merita da un altro rappresentante collocato a livelli superiori.
Il sentimento di antipolitica è reale, non c'è più fiducia nei rappresentanti di partito che spesso vengono scelti non per meriti e capacità ma per fedeltà al superiore di grado, e anzi, l'incapacità è richiesta per non essere messi in ombra dalle nuove leve, ma che ci piaccia o no il nostro Sistema elettorale è basato sulla rappresentanza partitica e forse più che proclamare un'utopica idea di civicità, sarebbe più utile e urgente modificare l'attuale legge elettorale, in maniera tale che siano davvero i cittadini a scegliere quale persona vada a rappresentarlo in Parlamento piuttosto che nella Giunta del Comune di residenza.
Non bisogna cambiare i Partiti ma le persone che li compongono, bisogna interrompere il clientelarismo che uccide soprattutto i piccoli Comuni, bisogna cominciare a pensare al bene del Paese e non al numero delle tessere.
In attesa che ciò accada ai politicanti da strappazzo come me non resta che adeguarsi, creando, nel loro piccolo, le condizioni affinchè questo si avveri. Per questo siamo convinti, e per questo lavoreremo fino al 2011, civici e partiti insieme, con i nostri pregi e i nostri difetti.

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